l’Italia tentenna ma l’ARTE no

Le settimane e i mesi passano velocemente senza guardare in faccia nessuno. La malattia che ha messo in ginocchio il mondo sta finalmente esaurendo la sua carica virale. Molti governi hanno immediatamente attuato delle politiche di sostegno per tutti i settori e per tutti i cittadini, tuttavia, in Italia, le soluzioni per uscire da questa grave crisi non si vedono ancora e chi governa il paese si perde in chiacchiere, futili e prive di sostanza, lasciando il popolo nella confusione e nell’incredulità nel vedere così tanta vanità e così poca professionalità in una situazione di emergenza. Diversamente da altre nazioni, la cultura e, in modo particolare, l’arte sono purtroppo all’ultimo posto delle priorità del governo italiano: a fine aprile sono stati infatti stanziati solo 20 milioni per turismo, spettacolo e cinema, realizzando così una triste e netta distinzione tra le categorie creative e dimenticando tutti gli artisti e i professionisti delle arti visive a cui manca il corretto riconoscimento giuridico, economico, fiscale e previdenziale. Ora che è iniziata l’estate, l’Arte attende speranzosa i decreti attuativi del Fondo emergenza imprese culturali 2020 da 210 milioni e il Fondo cultura 2020/2021 da 100 milioni: solo nei prossimi mesi potremo vedere e verificare se, almeno questa volta, gli aiuti da parte dello stato saranno davvero equi, democratici, realistici, veloci ad essere erogati e soprattutto sufficienti per tutti; se così non fosse l’Italia sarà davvero persa alla deriva senza un’aspettativa per il futuro. Nel frattempo, secondo l’ICOM, il 10% dei musei in tutto il mondo potrebbe non riaprire i battenti e, con fiere d’arte, biennali e mostre posticipate, solo grazie al digitale le gallerie e i musei hanno mantenuto i contatti con i loro visitatori durante il lock-down dando prova che l’ARTE non si ferma davanti a niente: è proprio nei momenti di maggiore crisi che si può percepire il cambiamento e l’evoluzione artistica, proprio come dimostrano i pittori e lo scultore che ho proposto nei miei canali nelle ultime settimane.

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Emanuele Ascanio Favero, The power of air, 2020, acciaio inox e ferro, base 80×60 cm. altezza 68 cm.

Emanuele Ascanio Favero, The power of air, 2020, acciaio inox e ferro, base 80×60 cm. altezza 68 cm. Dopo due mesi e più, la lunga quarantena per covid19 sembra allentarsi ma restano ancora molte le restrizioni in Italia e le persone sentono sempre di più la necessità di evadere per riprendersi le proprie libertà. Con la sua opera, lo scultore Favero dà modo all’osservatore di intraprendere un viaggio immaginario verso la libertà, un volo carico di positività verso un mondo lontano senza problematiche: l’aereo è già in volo grazie al potente motore e sebbene sia un assembramento di materiali rigidi e pesanti, l’artista dà il tocco di leggerezza grazie al dinamismo delle forme sinuose che richiamano alla memoria la scultura futuristica del 1912 di Boccioni. La ricerca del movimento è fondamentale per l’artista che crea così nuove occasioni di vita in elementi aerodinamici: gli oggetti tendono in direzioni infinite, in continuità con lo spazio, grazie alle linee forza, vive e palpitanti, intersecate con la vibrazione tra piani e luci. L’opera trasmette così una vera e propria energia allo spirito, un brivido dato dalla velocità, riportandolo successivamente in uno stato di benessere interiore.

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Gianluca Somaschi, RIPRESA, 2020, acrilico su tela, 120×100 cm.

Gianluca Somaschi, RIPRESA, 2020, acrilico su tela, 120×100 cm. Dopo più di due mesi di blocco totale, il 4 Maggio è iniziata finalmente la fase 2, una fase carica di speranza ma con ancora troppi dubbi, lacune e lati oscuri. Purtroppo tante attività commerciali sono infatti costrette ad attendere molte settimane prima di potere ripartire, con le dovute cautele, perdendo così ulteriori introiti. Sebbene si conoscano i prossimi steps che saranno il 18 Maggio e l’1 Giugno, la collettività è molto confusa a causa della massiccia, ambivalente e cattiva informazione: sia i cittadini che gli imprenditori hanno tante domande che, o non trovano risposta, o la trovano ma è davvero poco chiara. L’artista milanese coglie in pieno l’incertezza e la confusione del momento della seconda fase in questa tela astratta grazie ai colori, forti e cupi, e ai tratti istintivi e gestuali che fanno percepire l’ansia di una ripresa “concessa” con il conta gocce. Come l’Italia piange i suoi morti e la sua economia, l’opera di Somaschi versa lacrime con gli sgocciolamenti di colore che simboleggiano il dolore e la preoccupazione in questa lentissima ripresa.

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Giorgio Viganò, The pub, olio su tela, 2020, 50×70 cm.

Giorgio Viganò, The pub, olio su tela, 2020, 50×70 cm. Finalmente è arrivata la fatidica data della seconda parte della fase 2: in Italia il 18 maggio segna l’inizio della ripresa di almeno alcune attività commerciali quali bar e ristoranti, negozi, parrucchieri e centri estetici. Tenendo sempre in conto che covid19 non è scomparso, anche se è possibile incontrare i propri amici occorre comunque prestare ancora attenzione al distanziamento sociale per non ricadere nella situazione di febbraio e di marzo. Questo allontanamento forzato delle persone costringe però le attività, le poche che riescono a riaprire perché non hanno esaurito i fondi e la volontà, a rivedere i propri spazi rinunciando così alla maggioranza dei clienti. Il pittore Viganò mostra con i suoi toni terrosi e malinconici una realtà che sarà difficile da recuperare nel breve periodo: solo quattro mesi fa gli avventori si sedevano vicini e si intrattenevano in un pub o in un bar per l’ora dell’aperitivo dopo una lunga giornata di lavoro ma, i soggetti raffigurati nella tela, in una prospettiva significativamente decentrata, sono talmente evanescenti che sembrano gli spettri degli stessi avventori e, simbolicamente di tutti noi. La memoria inizia a farsi labile e subentra il ricordo, la malinconia, la nostalgia e il timore del futuro e delle persone che ci circondano. L’Italia è ancora in pericolo, non solo per la crisi economica e sanitaria, ma soprattutto per l’effetto capanna causato dalla massiccia comunicazione mediatica.

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Maurizio Brambilla, Leggero caffè, acrilico e smalto su tela, 2020, 30×40.

Maurizio Brambilla, Leggero caffè, acrilico e smalto su tela, 2020, 30×40. Durante questo periodo storico difficile in cui molte verità vengono taciute per fini non eticamente corretti, il maestro milanese regala un altro pezzo della sua produzione e dà modo all’osservatore attento di entrare in un mondo estremamente allegorico e simbolico, insegnando ad andare al di là della semplice apparenza, a ragionare e a non fermarsi alla superficie. In un ambiente onirico e sospeso nel tempo, dai toni monocromi alla Carrà, la latta di chicchi di caffè sembra essersi aperta con un’esplosione da cui scaturiscono non chicchi di caffè, che sono posizionati in una spirale clotoide alla base del contenitore, ma tredici piume bianche, rendendo così la tela altamente simbolica e basata sul concetto di trasformazione della vita. Infatti, analizzando nel particolare l’opera, sul recipiente i tre chicchi simboleggiano la perfezione della conoscenza illuminata di un’entità superiore all’essere umano che, domandandosi come finirà questo periodo tanto negativo, riceve una risposta positiva: le tredici piume bianche allegoricamente significano difatti che, dopo questo momento di rottura dell’armonia, si troverà il modo corretto per superare la difficoltà e tutto si risolverà nel migliore dei modi in quando dopo la morte c’è sempre la rinascita spirituale. La soluzione è però insita nell’essere umano che deve trovare l’energia, svegliarsi, restare vigile e prendere spunto dalla lezione data dal caffè: il chicco messo in una situazione di pericolo estremo, quale l’acqua bollente, reagisce positivamente, da il meglio di sé e trasforma ciò che gli sta intorno. Il genere umano deve rendersi conto che sta semplicemente percorrendo la linea della vita raffigurata nella spirale clotoide che si intravede in basso, una vita caratterizzata dagli opposti in continuo mutamento nello spazio-tempo: inizio Vs fine, vita Vs morte, bene Vs male, giorno Vs notte. Un’evoluzione/involuzione carica di energia vitale impossibile da fermare: come scrisse Gilbert Durand “un glifo universale della temporaneità della permanenza dell’essere attraverso la fluttuanza del mutamento”.

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Giuliano Giuggioli, In partenza, olio su tela, 2020, 100×60 cm.

Giuliano Giuggioli, In partenza, olio su tela, 2020, 100×60 cm. Nella penisola italiana la nuova “peste” del 2020 inizia lentamente a scemare ma le restrizioni, pur allentandosi leggermente, sono diventate ormai un fardello per i cittadini che sono a questo punto imbavagliati con la mascherina del terrore. La tela del maestro toscano, eseguita durante la quarantena, vuole così diventare il manifesto della liberazione degli individui dalle convenzioni sociali, dall’omertà contemporanea e dalla razionalità cosciente, mostrando simbolicamente la partenza in volo di costoni di roccia che divengono isole stesse a forma d’adamantina, volanti e leggere come dei palloncini gonfiati ad elio, su un mare calmo e tranquillo. L’opera è estremamente surreale, paradossale ed enigmatica e ricorda l’isola di Laputa ne I viaggi di Gulliver di Swift del 1726 ed il dipinto del 1959 di Magritte, Castello dei Pirenei, ora al Museo d’Israele di Gerusalemme. Sebbene sia una velata critica alla società odierna, Giuggioli dona speranza invitando l’osservatore ad entrare in un nuovo mondo onirico, da sogno, dove l’inconscio ed il vero IO sono il grado più profondo della realtà (che a livello conscio sarebbe inafferrabile), in cui non si deve disperare davanti all’incertezza ma imparare a navigarci dentro grazie ad una nuova filosofia di vita. L’isola volante diviene così allegoria della liberazione della potenzialità immaginativa dell’essere umano, della sua unicità primitiva e naturale, nonché del recupero del senso della propria esistenza e della ricerca della pace e dell’equilibrio interiore su di un mare di paura ed ignoranza che caratterizza il nostro periodo storico.

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Ivo Mora, Viale alla Lecciona, tecnica mista con fondo sabbiato, 2020, 60×60 cm.

Ivo Mora, Viale alla Lecciona, tecnica mista con fondo sabbiato, 2020, 60×60 cm. Finalmente il periodo della quarantena di covid19 si è concluso e, come era prevedibile, ha lasciato dietro di sé un’inevitabile scia di dolore, di rabbia, di incertezza, di confusione, di delusione, di frustrazione, nonché di profonda crisi economica. Come la storia insegna, anche questa volta l’Arte non ha subito contraccolpi, ha continuato ad esistere e si è nutrita di tutte le emozioni trapelate regalando alle future generazioni tante testimonianze artistiche. Eseguita durante il lock-down, l’opera del parmense Ivo Mora è un inno alla libertà e al ritorno alla natura, il ritorno in uno dei suoi “luoghi del silenzio”, come li definisce lui stesso, per placare e calmare l’animo umano: abituato a dipingere en plain air, il maestro neo-impressionista si è adattato al momento storico e ha usato una fotografia scattata con la sua reflex durante uno dei suoi viaggi nel parco di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli a Viareggio, in provincia di Lucca. Grazie alla dimensione tattile tridimensionale data dal fondo sabbiato misto a colla e pigmenti, alla cura minuziosa e capillare dei dettagli reali e agli effetti luministici, l’osservatore è catapultato sulla strada bianca che da Viale dei Tigli, davanti alla Villa Borbone delle Pianore (edificata da Lorenzo Nottolini tra il 1821 e il 1850 per Maria Luisa di Borbone Spagna, poi ristrutturata nel 1885 da Giuseppe Pardini), porta alla spiaggia libera della Lecciona, una strada immersa nel verde del bosco planiziale e dei pini, piantati solo nel XVIII secolo. La tela dona così uno spettacolo suggestivo e iperrealistico, sospeso nel tempo, che spinge l’osservatore a fermarsi, a osservare con gli occhi e con la mente, a contemplare e a riflettere in silenzio sulla pace e l’armonia che la natura è in grado di offrirci gratuitamente.