Gianni Depaoli en gekristalliseerd leven

Gianni Depaoli, The death of Cecilia, mixed technique on fiber, skin and squid ink, 2019, 120×75 cm. Like a triptych of sacred art.

De kunstenaar Gianni Depaoli kristalliseert en maakt eeuwig wat van nature bestemd zou zijn om te vergaan: met extreme elegantie geeft hij leven aan nieuwe iconen en echte hedendaagse fossielen, veredeld dankzij de nauwkeurigheid van de uitvoering, die kan worden gedefinieerd als “symbolische boodschappers” voor deze mensheid die nu op drift is.

Een ethische, filosofische, allegorische en conceptuele geest doordringt de hele artistieke productie van Gianni Depaoli, maar in zijn werk La morte di Cecilia (De dood van Cecilia) van 2019 wordt de waarschuwing zo duidelijk behandeld dat zelfs de meest leerrijke zielen worden wakker geschud. Vastgezet in drie vezelpanelen, zoals in een veertiende-eeuws drieluik van heilige kunst, worden de huid en de inkt van de inktvis gevormd als waren het wilde bloemen in een weiland, bevroren in het moment dat de zeis de messoria onverbiddelijk zonder genade passeert; daaronder herinnert de kunstenaar aan de beroemde passage van de dood van de kleine Cecilia, veroorzaakt door de pest in Milaan in 1629, beschreven met pathos in hoofdstuk XXXIV van Alessandro Manzoni’s Promessi Sposi (1827): “…Als de bloem al weelderig op de stengel valt samen met de kleine bloem die nog in de knop zit, als de zeis voorbij komt, die al het gras van de weide egaliseert”. De boodschap is expliciet en universeel. Het aardse leven is helaas nog steeds bijzonder kwetsbaar, het is niet eeuwig en wordt voortdurend bedreigd door de dood, de enige democratische zekerheid die nodig is voor de vervulling van de cycliciteit van het leven zelf: zonder het drama van de verdwijning, zonder de snee die de stroom van het leven afknijpt, zou er geen wedergeboorte, geen zuivering en geen emotionele en rationele catharsis kunnen zijn. Aangezien de formule om het behoud en de duur van het bestaan ervan te garanderen nog niet is ontdekt, is het ook van fundamenteel belang om de waardigheid, de nederigheid en het respect voor elke vorm van leven te herwinnen, omdat elke handeling zijn eigen waarde heeft en een reeks gevolgen heeft voor het delicate vitale evenwicht.

Gianni Depaoli, The death of Cecilia, mixed technique on fiber, skin and squid ink, 2019, 120×75 cm. Detail with the passage taken from I Promessi Sposi by Alessandro Manzoni (1827). In the work, the same passage is also translated into Italian and French.

Gianni Depaoli and crystallized life

The artist Gianni Depaoli crystallizes and makes eternal what by nature would be destined to decay: with extreme elegance he gives life to new icons and true contemporary fossils, ennobled thanks to the accuracy of execution, which can be defined “symbolic messengers” for this humanity now adrift.

An ethical, philosophical, allegorical and conceptual spirit permeates the entire artistic production of Gianni Depaoli but, in his work The Death of Cecilia in 2019, the warning is treated so clearly as to awaken even the most leathery souls. Fixed in three fibre panels, as in a fourteenth-century triptych of sacred art, the skin and ink of squid are moulded as if they were wild flowers in a meadow, frozen in the instant before the scythe messoria passes inexorably without mercy; beneath them the artist brings to mind the famous passage of the death of little Cecilia, caused by the plague in Milan in 1629, described with pathos in chapter XXXIV of Alessandro Manzoni’s Promessi Sposi (1827): “…As the already luxuriant flower on the stem falls together with the small flower still in bud, as the scythe passes by, which evens out all the grasses of the meadow”. The message is explicit and universal. Unfortunately, earthly life is still particularly fragile today, it is not eternal, and is perpetually threatened by death, the only democratic certainty necessary for the fulfilment of the cyclicality of life itself: without the drama of disappearance, without the cut that truncates the flow of life, there could not be a rebirth, a purification and an emotional and rational catharsis. Since the formula to guarantee its preservation and the duration of existence has not yet been discovered, it is also fundamental to regain dignity, humility and respect in front of any form of life because every action has its own value and involves a series of consequences on the delicate vital balance.

Gianni Depaoli e la vita cristallizzata

L’artista Gianni Depaoli cristallizza e rende eterno ciò che per natura sarebbe destinato al disfacimento: con estrema eleganza dà vita a nuove icone e a dei veri e propri fossili contemporanei, nobilitati grazie all’accuratezza esecutiva, che possono essere definiti “messaggeri simbolici” per questa umanità ormai alla deriva.

Uno spirito etico, filosofico, allegorico e concettuale permea l’intera produzione artistica di Gianni Depaoli ma, nell’opera La morte di Cecilia del 2019,il monito è trattato così chiaramente da risvegliare anche gli animi più coriacei. Fissati in tre pannelli di fibra, come in un trittico trecentesco di arte sacra, la pelle e l’inchiostro di calamaro vengono plasmati come se fossero dei fiori spontanei in un prato, congelati nell’attimo prima che la falce messoria passi inesorabilmente senza pietà; sotto di essi l’artista riporta alla memoria il celebre passo della morte della piccola Cecilia, causata dalla peste milanese del 1629, descritta con pathos nel capitolo XXXIV dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni (1827): “…Come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccio, al passare della falce che pareggia tutte le erbe del prato”. Il messaggio è esplicito ed universale. La vita terrena purtroppo è ancora oggi particolarmente fragile, non è eterna, ed è perennemente minacciata dalla morte, unica certezza democratica necessaria al compimento della ciclicità della vita stessa: senza il dramma della scomparsa, senza il taglio che tronca il flusso vitale, non ci potrebbe essere una rinascita, una purificazione ed una catarsi emotiva e razionale. Dato che non si è ancora scoperta la formula per garantirne la salvaguardia e la durata dell’esistenza, è altresì fondamentale ritrovare la dignità, l’umiltà, il rispetto davanti a qualsiasi forma di vita in quanto ogni azione ha il proprio valore e comporta una serie di conseguenze sul delicato equilibrio vitale.

La poetica “cromantica” di Susanna Maccari

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Susanna Maccari, Tramonto Finlandese, olio su tela, 2005, 50×40 cm.

La pittrice milanese Susanna Maccari è ormai ben nota nel panorama artistico contemporaneo grazie alla sua attenta e cospicua produzione di opere ad olio e ad acquarello in cui è piacevole osservare una sensibile e continua ricerca luministica e coloristica: sia i paesaggi che i ritratti eseguiti sono in perenne evoluzione mostrando un connubio perfetto tra un mondo realistico sfumato e pieno di luce e una dimensione romantica della Natura in cui il pathos emotivo interiore viene esaltato fino all’apice. Nelle sue opere l’artista non è mai ripetitiva, anzi, grazie alle pennellate veloci ed immediate, spesso date en plein-air, e magistralmente intrise di colore luminoso ed evanescente, ha la capacità di fare percepire all’osservatore la potente energia misteriosa della natura solleticandolo emotivamente nell’animo più profondo.

 

Il romanticismo e la continua ricerca libera del colore vengono percepite immediatamente nella produzione dei paesaggi dipinti ad olio, come ad esempio Tramonto finlandese ed Emozione al tramonto entrambi del 2005, Riflessi nel blu del 2010, Barche a Llançà del 2011, Riflessi di Camargue del 2014 e Magia di un tramonto del 2018 che richiamano alla memoria le opere degli inglesi William Turner (1775-1851) e John Constable (1776-1837) e la loro poetica romantica del Sublime e del Pittoresco in cui elementi formali e componenti emotive si fondevano insieme. Dalle tele della pittrice milanese si percepisce così un moderno impressionismo realistico, alla maniera di Camille Corot (1796-1875), Camille Pissarro (1830-1903) e Alfred Sisley (1839-1899), in cui la modulazione dei giochi di luce chiaro-scurali e la varietà sottile dei passaggi di tono danno profondità ai piani rinnovando la pittura di paesaggio.

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Susanna Maccari, Riflessi nella palude, acquarello, 2019, 42×30 cm.

Susanna Maccari non si ferma però alla sola tecnica della pittura ad olio. Negli ultimi anni infatti, l’artista è rimasta affascinata dalla sperimentazione della difficile ed antica pratica dell’acquarello per ottenere al meglio il paesaggio naturale dominato dagli effetti atmosferici di luce e di colore: grazie alla sua estrema leggerezza rappresentativa ed alla sua immediatezza espressiva, l’acquarello è la tecnica ideale per rendere fresca, raffinata e luminosa l’opera d’arte facendola trasudare di luce evanescente. Come si può osservare in Paesaggio lacustre del 2015, in Romantico tramonto del 2017, in Paesaggio invernale e in Santa Caterina del Sasso sul lago Maggiore entrambe del 2018, in Al tramonto e in Riflessi nella palude del 2019, la natura rimane sospesa sul foglio come un miraggio o una visione grazie al colore trasparente che non ammette errori di esecuzione o alcun ripensamento. Come William Turner nel XIX secolo, si può così definire anche Susanna Maccari “pittrice di luce e di colore” in grado di gestire con sapienza le pennellate che sono già preventivate ed immaginate nella sua mente: procedendo per sottili velature cromatiche sovrapposte, l’artista milanese stende l’acquarello sia con la modalità del bagnato su bagnato sia con quella del bagnato su asciutto dimostrando la sua elegante maturità artistica e giocando sempre di più con il colore che si impregna di simbolismo.

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Susanna Maccari, Romantico tramonto, acquarello, 2017, 50×35 cm. 

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Susanna Maccari, Viso, acquarello, 2019, 23×31 cm.

Da ultimo non sono da dimenticare i ritratti femminili eseguiti ad acquarello a partire dal 2015, come ad esempio Donna con cappello rosso di quell’anno, Sensualità, Femme fatale ed Eva del 2016, e la serie dei Visi del 2019 in cui la freschezza comunicativa di Susanna Maccari non sbiadisce neanche su un tema tanto diverso rispetto agli amati paesaggi. La figura femminile è esaltata in tutte le sue sfaccettature e l’anima viene scoperta lentamente: l’eleganza, la delicatezza, la sensualità, la forza interiore, la bellezza, l’intelligenza della donna è espressa con tratti acquosi vitali e con toni pastello di un’estrema dolcezza. Se l’artista milanese è in grado di fare sentire i profumi e i silenzi della natura nei suoi paesaggi, nei suoi ritratti femminili riesce a fare percepire il fruscio dei capelli e la velocità di pensiero del soggetto comprovando in conclusione di essere una tra le più accattivanti artiste contemporanee.

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Susanna Maccari, Viso, acquarello, 2019, 23×31 cm.

                                                                                                                                                                    Dott.ssa Elisa Manzoni

Critico e storico dell’arte

Marzo 2020

Tante altre opere sul sito dell’artista:

www.susannamaccari.it

Gianluca Somaschi, il padrone del pigmento

image5Si potrebbe iniziare a raccontare la storia poetica-artistica del milanese Gianluca Somaschi partendo dalla sua formazione accademica, oppure, dalle sue prime opere espressioniste nei toni del bianco e del nero, misteriose e “paurose” come lui stesso le definisce, ma è per merito del COLORE che il pittore ha trovato finalmente la sua dimensione, la sua massima espressione e completezza: per questo motivo è essenziale intraprendere il viaggio nel suo mondo personale dai suoi ultimi lavori in cui il pigmento è il padrone assoluto.

image4Soggetto per eccellenza delle tele di Somaschi, il colore infonde linfa vitale alle opere grazie alla modalità di stesura impiegata dall’artista: senza dubbi, ripensamenti o disegni preparatori ma istintivamente e con mano molto veloce e ferma, il giovane Gianluca Somaschi ricorda molto da vicino l’Action painting di Jackson Pollock (1912-1956) e dei componenti della Scuola di New York (Willem De Kooning, Arshile Gorky, Mark Rothko, Sam Francis, Mark Tobey e Franz Kline) negli anni ’50 del XX secolo. Proprio come i pittori americani, il milanese non ha paura di apportare dei cambiamenti improvvisi nei suoi lavori in quanto, secondo il suo pensiero, l’immagine non viene rovinata con la semplice aggiunta di una o più colate-sgocciolature di matrice segnica e gestuale: per l’artista il dripping ha sia una chiara valenza simbolica e filosofica di passaggio temporale, di invecchiamento, di usura sia un significato intimo di continua autoscoperta delle proprie pulsioni ed emozioni. Come disse Jackson Pollock “l’artista dipinge ciò che è”. È così possibile ammirare delle composizioni puramente astratte in cui l’osservatore può captare l’energia psichica e fisica del pittore impressa sulla tela grazie all’esuberante dinamismo e all’eccitazione vitalistica della pennellata: la pittura diventa in questo modo un’esperienza liberatoria al di fuori di ogni mezzo formale e limitante.

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Gianluca Somaschi non si ferma però alle composizioni astratte ma procede con la sua ricerca anche verso lo stile Informale senza ovviamente dimenticare il suo tratto distintivo, il dripping. Partendo da fotografie naturalistiche di fiori e piante, scattate da lui stesso o trovate su riviste, il pittore rielabora l’immagine sino a trasformarla addirittura in un’altra rendendo così irriconoscibile il tema iniziale (per esempio gerani divenuti ortensie). Questo rimaneggiamento della natura mostra quanto l’arte Informale creata da Somaschi sia autosufficiente, ovvero si presenti come una porzione di una realtà e di un mondo che testimoniano l’interiorità del pittore. Le tele con queste caratteristiche prendono spunto inconsapevolmente dai lavori degli artisti che aderirono al filone dell’Informale Italiano degli anni ’50 del XX secolo ed, in modo particolare, alla produzione del lecchese Ennio Morlotti (1910-1992): in entrambi i casi, sebbene la natura sia la tematica prediletta in queste opere, essa sfiora il limite dell’astrazione a causa della drastica semplificazione dello schema spaziale e della privazione della profondità. Grazie alla stessa carica energetica del colore e della sua stesura dinamica, propria di tutta la produzione di Somaschi, l’osservatore può percepire tutto il pathos dell’artista ed entrare così in contatto empatico sia con la natura sia con l’arte del pittore.
Come insegna il direttore d’orchestra Daniel Barenboim “ogni grande opera d’arte ha due facce, una per il proprio tempo e una per il futuro, per l’eternità”: le tele di Gianluca Somaschi sono giustamente destinate ad entrare nel prossimo divenire artistico.                                                                    image

Critica per la Mostra personale di Gianluca Somaschi alla Galleria BalubArte, via Foldi 1, Milano, dicembre 2013.